DIAMANTINA PALACIOS
Ricerche

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La ricerca che porta a scoprire piccoli segreti

Il mio viaggio nei colori

Nel 2010 ho vissuto un’esperienza molto importante per me, il “Bilancio di Competenze” organizzato dal CNR Ibimet di Firenze, per un gruppo scelto di donne della filiera del tessile in Toscana, tra cui allevatrici di pecore Garfagnina bianca e di capre di cashmere, filatrici, tessitrici, tintore, ricamatrici, textile designer, restauratrici, insegnanti e artiste dell’arte tessile. Il corso faceva parte del progetto “Percorsi di Orientamento” che mirava a favorire l’imprenditoria femminile nelle aree rurali in quanto strumento elettivo di sviluppo dei territori e di salvaguardia dei saperi legati alle attività agricole ed artigianali. Il proposito era di sostenere in particolare l’occupazione femminile attraverso l’orientamento alla crescita e/o alla creazione di impresa, delineare filiere tessili locali che andassero dalla produzione di lana, piante da fibra e tintorie, alla loro trasformazione, alla produzione e vendita di tessuti e manufatti. La filiera non si è creata, anche se ci sono stati diversi intenti. Invece, sono nate delle relazioni di lavoro e di amicizia tra le partecipanti di questo progetto che ci hanno legato per sempre. Fu un’esperienza unica che mi ha lasciato un segno profondo e mi ha incentivato nella creazione di un mio proprio marchio. La referente per il progetto in Toscana, la biologa Francesca Camilli del CNR-Ibimet e il suo gruppo di ricerca tra cui la biologa Laura Bacci avevano iniziato una collaborazione con il Polo Scientifico di Sesto Fiorentino e il PIN di Prato UniFi con a capo la Prof.ssa Annalisa Romani e la sua equipe di dottorande del Polo Scientifico UniFi e io sono stata invitata a farne parte. Il primo progetto è stato la creazione di protocolli di tinture naturali con piante autoctone come robbia, reseda, carciofo, elicriso coltivate in Toscana come piante tintorie. Abbiamo tinto filati e flanella di lana di pecore italiane, velour di lana e cashmere, seta italiana. Il proposito della ricerca era mirato a studiare la resistenza alla luce, gli effetti benefici o effetti indesiderati sulla pelle umana. Ho imparato il metodo scientifico che si basa sulla precisione e grazie a tutto il gruppo del Polo Scientifico e i loro sofisticati strumenti di misurazione, formule, algoritmi, ho creato il protocollo per il progetto. Ho imparato a misurare con alta precisione il peso del materiale da tingere, perché è da lì che partono tutti i calcoli, la quantità di acqua necessaria, la quantità di sapone che serve per la purga del materiale e per il lavaggio, le polveri dei sali minerali che servono come mordenzanti, le diluizioni delle tinture madri, i tempi di durata di ogni parte del processo di tintura. Qualcosa molto importante che bisogna tenere a mente sono le temperature delle diverse fasi, che in parte dipendono dalla fibra che si tinge, e in parte, per esempio, per la robbia la temperatura determina il colore o le diverse tonalità; se si tiene la temperatura tra 75 e 80˚ C, la robbia diventa rosso fuoco, se invece la temperatura si tiene tra 88-92˚ C si ottiene un bel colore rosso mattone. Ogni pianta tintoria ha un suo habitat diverso da luogo a luogo e dipende appunto da cosa si alimenta la terra che la ospita; ci sono piante e minerali diversi tra bosco e bosco, tra un giardino tintorio e l’altro, pacciamature, funghi, concimi di animali selvatici e poi anche l’acidità della pioggia, ci sono tanti fattori che possono incidere e in questo modo agiscono sulle piante creando a volte variazioni di colore nelle tinte che possiamo estrarre da esse. Invece, quando dobbiamo riprodurre un colore con calcoli scientifici, potremmo avvicinarci tanto alla tonalità desiderata, al punto di essere quasi impercettibile, ma non sarà mai uguale, e questa rimane una sfida. La variabilità e imprevedibilità nella ricerca è anch’essa la bellezza di tingere con le piante. La tintura fa parte del mio saper fare e ricercando nuove tonalità mi sorprendo sempre e questo mi rende felice e sempre più curiosa di altre scoperte. Sul protocollo che allego a questo articolo che fa parte della ricerca CNR-Ibimet, Polo Scientifico e PRIN UNIFI, i materiali da tingere sono la seta e la lana, la pianta tintoria è la robbia. 


SCHEDA N° 13 PIN Data: 3/11/2016
Tintura:
	ROBBIA (Allume di potassio e cremor tartaro)
Campioni:
	Tessuto di seta Atos
	Tessuto di seta Just Love
	Tessuto velour di cashmere e lana
	Tessuto garza di lana
Peso:
	Tessuto di seta Atos – 6.5 gr
	Tessuto di seta Just Love – 8.5 gr
	Tessuto velour di cashmere e lana – 24 gr
	Tessuto garza di lana – 11 gr
					Peso tot.: 50 gr
Lavaggio:
	Sapone al 20%
	(Sapone delicato Perlana 50% + Ominobianco 50%)
	Seta - Quantità: 6 campioni – 90 gr. totali
	Lana - Quantità: 7 campioni – 245 gr. totali
					Peso tot.: 335 gr
Mordenzante:
	Allume di potassio (22%) - cremor tartaro (6.2%)
	Allume di potassio 22% x 335 = 73,7
	Cremor tartaro – 6.2% x 335 = 20.77 gr
Diluizione: 
	7.000 ml acqua
Temperatura: 
	80°-82° C
Tempo: 
	120 min
Bagno di colore:
	Tintura madre di robbia - 63%
Peso totale del tessuto da tingere: 
	100 gr
Soluzione: 
	5.000ml
Durata: 
	60 min
Temperatura: 
	75-80° C
	
Nota: Nelle voci “Lavaggio”, “Mordenzante” e “Tintura madre” sono stati considerati i campioni totali per le tre voci. La polvere di robbia è stata lasciata a bagno tutta la notte.

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